ev magazine

Ev nasce nel 2000 come rivista, ev mensile di scrittura ricreativa. Tutto in minuscolo, senza maiuscole. Da un’idea di Stefania Monteverde e Lucia Tancredi, fondatrici e direttrici, prese la forma di un grande foglio 80×60 su bella carta, da ripiegare e portare con sé. Ogni numero un tema: Scritture, Veli, Infanzie, Padri, Giardini, Corpi, Polis, Acque, Follie, Attese, Bambole, Case.

Ogni editoriale al centro del foglio declinava il tema a partire dall’interpretazione di una parola-ev. Perché ev sta per evoluzione, trasformazione, cambiamento. Quella idea non ci ha ancora lasciato. Cerchiamo storie che fanno evolvere. E le raccontiamo ancora. In tanti modi, in qualche modo.

Questo è il primo editoriale di quel 2000, nato da una lunga chiacchierata e trasformato in testo a Lucia Tancredi.

“Ev va pronunciato in minuscolo, basta quel tanto di respiro che serve a tenere sospesa una bolla. Le cose, appena nominate, sono come consacrate ad un destino: ci sono nomi che portano una dimensione enorme di bagliore, altri più sfaccendati. Volevamo un nome che fosse poco più di un soffio, che aderisse con grazia agli angoli della bocca.

Ev è la madre primordiale dentro il giardino, è colei che salva l’uomo chiuso nella contemplazione di se stesso, come una conchiglia.  È l’alterità che rende umana la vita, perché l’uomo solo era un’imperfezione da correggere, quasi un male. La radice di Ev è la vita havà ed è un buon proposito partire dalle radici, se si vogliono mettere frange nuove sugli alberi. Il grande dono della madre, inoltre, è quello della parola che mette al mondo il mondo due volte, è la lingua raccontata, la lingua saporosa senza alfabeti che insegna come il tempo storico scorre anche sui boschi, nelle acque.

Questa rivista vuole rivolgersi alle donne, ma non solo. Chiunque ci legga vogliamo che possa rendersi aperto all’ascolto, come si fa con un racconto. Non è detto che le storiche, le filosofe, le poetesse, le fotografe, gli uomini a cui chiederemo un contributo non possano usare parole come corpi di violino. È questa la sfida.

C’è chi dice che questo è il tempo in cui ogni cosa è scritta sull’acqua e subito scolora, il tempo in cui il mistero viene meno e ci si sente come orfani di qualcosa, pieni di rabbia. Quello che pensiamo è che la parola raccontata, ev-ocata, contenga ancora come era all’inizio, dentro il giardino, la capacità materna di ridare vita alla realtà, di insegnare che la storia scorre anche sui boschi, nelle acque, tra gli uomini capaci di memora e di pietà. Gli uomini e le donne capaci di attenzione”.  (Lucia Tancredi, Scritture, ev 2000)